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Mal d’orecchio dopo i tuffi in mare? Si cura così

Mal d’orecchio dopo i tuffi in mare? Si cura così

L’otite del nuotatore non va trascurata. Scopri come prevenirla e quali farmaci te la fanno passare

Tra tuffi in piscina e bagni in mare il rischio di mal d’orecchi, in questo periodo dell’anno, è più che mai attuale. Non parliamo della solita otite media, quella che colpisce soprattutto i bambini nei mesi invernali e che dipende per lo più dalla complicazione di una banale raffreddore, quanto della cosiddetta otite del nuotatore, più frequente nei giovani adulti che passano tanto tempo con la testa sott’acqua.

L’otite del nuotatore

«È un disturbo che colpisce la cute del condotto auricolare esterno», spiega Roberto Teggi, specialista in otorinolaringoiatria e docente di riabilitazione neurovestibolare all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano.

«In genere si manifesta con dolore intenso, prurito e senso di ovattamento dell’udito. Se l’infiammazione è particolarmente estesa, l’orecchio può risultare caldo e arrossato».

Colpa dei batteri

Nella grande maggioranza dei casi, l’otite del nuotatore dipende da una infezione batterica. «L’acqua delle piscine, nonostante venga disinfettata con il cloro, non può mai essere assolutamente sterile. Contiene infatti una certa carica batterica, specie nei periodi più caldi, quando le vasche sono maggiormente affollate», continua Teggi. «Lo stesso si può dire per l’acqua di mare specialmente quando, in estate, le temperature sono più alte e i batteri si riproducono con maggiore facilità. In queste condizioni può bastare una semplice immersione del capo per fare sì che i germi presenti nell’acqua vengano a contatto con la pelle del condotto uditivo. E se questa presenta una piccola lesione, gli stessi batteri si possono annidare nella cute e proliferare, causando il problema».

Via i blocchi di cerume 

Come forma di prevenzione è opportuna una corretta igiene delle orecchie. «Più che la pulizia del condotto auricolare è utile rimuovere gli eventuali tappi di cerume. Trattengono infatti i batteri e li pongono a contatto della pelle», annota Teggi. «Sconsigliata invece ogni manovra invasiva fai da te. Che si tratti di bastoncini di cotone, garze o altro, esiste il rischio di spingere il cerume verso il timpano, favorendo la formazione dei tappi. Va ricordato che il cerume ha una funzione protettiva del canale auricolare, quindi dovrebbe essere toccato il meno possibile. Al limite, quando il cerume non occlude completamente il condotto, si possono utilizzare prodotti per uso locale venduti in farmacia ed eseguire un lavaggio con un po’ di soluzione fisiologica, da spruzzare delicatamente nell’orecchio con una siringa senza ago. Eseguita questa manovra si deve reclinare il capo per favorire la fuoriuscita dell’acqua».

Lavaggi con acqua borica

Dopo ogni bagno in mare o in piscina, invece, si possono inserire nella siringa senza ago 5 millilitri di acqua borica al 3 per cento. «È un blando disinfettante che consente di detergere il condotto uditivo senza arrecare danni alla cute del condotto stesso e serve a proteggere da fastidi che possono rovinare la vacanza».

Gocce efficaci in un paio di giorni 

Che fare invece quando l’otite del nuotatore è già in atto? «In farmacia, senza bisogno di ricetta medica, si possono trovare gocce da applicare localmente che contengono cortisonici e antibiotici», risponde Teggi. «La combinazione di questi due farmaci consente di combattere l’infiammazione e l’infezione quando non è severa. Se applicate con regolarità fanno effetto in due, tre giorni. Per il dolore possono essere usati paracetamolo ibuprofene, che ha anche una azione antinfiammatoria. Raccomando a coloro che soffrono di otite del nuotatore di sospendere i bagni in mare, o come minimo non immergere il capo nell’acqua, per altri tre o quattro giorni dopo la scomparsa dei sintomi».

Se le gocce non hanno risolto il problema 

Se le gocce non hanno risolto il problema nei due, tre giorni previsti occorre rivolgersi a un otorinolaringoiatra. «Lo specialista verificherà che non sia subentrata una seconda infezione, da fungo della cute, sulla parte già colpita», conclude Maccari. «In tal caso è necessario cambiare terapia o integrarla con un altro prodotto specifico, sempre in gocce. Se invece non c’è un’infezione da fungo, si preleva un po’ di secrezione dall’orecchio malato per eseguire un antibiogramma, cioè una coltura del batterio, che consente di individuare l’antibiotico più efficace per risolvere il problema».

Tappi sì o tappi no

Per evitare l’otite del nuotatore verrebbe spontaneo pensare di proteggere le orecchie con i tappi di silicone.
«Usati frequentemente possono causare piccole lesioni sulla pelle del condotto uditivo. Quindi possono addirittura diventare un fattore di rischio», avverte Alberto Maccari. «Andrebbero usati solo in caso di stretta necessità, ovvero se c’è stata una lesione del timpano e diventa di fondamentale importanza evitare che i germi oltrepassino la barriera timpanica per evitare infezioni nella parte interna». Piuttosto, è bene imparare a eliminare in modo corretto l’acqua che può rimanere nel canale uditivo dopo il bagno.

Come si elimina l’acqua in modo corretto 

«Si reclina il capo per favorire il deflusso, eventualmente tirando leggermente il lobo dell’orecchio per allargare il canale stesso», spiega lo specialista. «L’uso di bastoncini con la punta in cotone, invece, oltre a non garantire l’assorbimento dell’acqua, può provocare piccoli traumi e minime escoriazioni che rendono la cute più vulnerabile alle aggressioni batteriche».