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Vaccino antinfluenzale 2017, ecco quello che devi sapere

Vaccino antinfluenzale 2017, ecco quello che devi sapere

Perché vaccinarsi contro l’influenza?

L’influenza è una malattia importante che può richiedere il ricovero ospedaliero e talvolta causare la morte (il conteggio dei morti a livello mondiale supera il centinaio di migliaia di persone l’anno).

Ciascuna stagione influenzale è differente e l’infezione può colpire le persone in modo diverso, perfino individui sani possono stare molto male e diffondere l’infezione ad altri e nelle recenti stagioni influenzali, l’80-90% delle morti legate all’influenza si sono verificate in soggetti con almeno 65 anni.

In Italia la “stagione influenzale” è spesso sovrapponibile alla stagione invernale, anche se possono esserci variazioni anche importanti da un anno all’altro.

Un vaccino antinfluenzale stagionale annuale è il modo migliore per ridurre le probabilità di ammalarsi e di contagiare altri individui: quando più persone si vaccinano contro l’influenza, l’infezione può diffondersi meno in quella comunità.

Contagiosità

Si può essere contagiosi prima di sapere di essersi ammalati, nonché durante il decorso.

La maggior parte degli adulti sani può trasmettere l’influenza dal giorno prima della comparsa dei sintomi fino a 5-7 giorni dopo.

Alcuni, specie bambini piccoli e soggetti con sistemi immunitari fragili, potrebbero rimanere contagiosi anche più a lungo.

Come funziona il vaccino antinfluenzale?

I vaccini inducono lo sviluppo di anticorpi circa due settimane dopo la loro somministrazione. Questi anticorpi proteggono da infezioni conseguenti agli stessi virus presenti nel farmaco.

La formulazione stagionale protegge dai virus influenzali che secondo la comunità scientifica saranno i più comuni durante la stagione a venire, per questa stagione 2017-2018 l’Organizzazione mondiale della sanità (e confermata ovviamente dall’EMA) si aspetta nuovamente i virus che hanno caratterizzato la stagione passata

  • A/Hong Kong/4801/2014 (H3N2),
  • B/Brisbane/60/2008 (lineaggio B/Victoria)

in aggiunta alla nuova variante

  • A/Michigan/45/2015 (H1N1).

Ricordiamo infine il quarto ceppo, utile alla composizione dei vaccini quadrivalenti:

  • B/Phuket/3073/2013-like (lineaggio B/Yamagata).

I vaccini anti-influenzali tradizionali (chiamati “trivalenti”) sono quindi sviluppati per proteggere da tre virus influenzali:

  • un virus dell’influenza A H1N1,
  • un virus dell’influenza A H3N2,
  • un virus dell’influenza B B/Victoria.

I vaccini quadrivalenti proteggono da questi tre virus più uno ulteriore di tipo B (B/Yamagata).

Che tipi di vaccino antinfluenzale sono disponibili?

I vaccini disponibili in Italia sono tutti inattivati, ossia non contengono virus interi e/o attivi, e sono:

  • split (virus influenzali frammentati),
  • a subunità (contenente solo gli antigeni di superficie, emoagglutinina e neuraminidasi),
  • adiuvato, contenente gli antigeni di superficie emulsionati ad adiuvante e autorizzati, al momento, per l’immunizzazione dei soggetti di età  maggiore o uguale a 64 anni,
  • intradermico, è un vaccino split, confezionato in una siringa con ago particolarmente corto che inietta la sostanza nel derma anziché nel muscolo.

La maggioranza dei vaccini disponibili sono trivalenti, ossia offrono immunità verso i tre principali ceppi virali indicati dall’OMS, ma dal 2014 è autorizzata al commercio in Italia anche la formulazione quadrivalente split, indicata per l’immunizzazione degli adulti e dei bambini dai 3 anni di età, che protegge da un ulteriore virus di tipo B.

I normi commerciali dei due vaccini quadrivalenti attualmente disponibili sono:

  • Fluarix Tetra®,
  • Vaxigrip Tetra®.

Entrambi richiedono ovviamente ricetta medica per poter essere acquistati e il prezzo è di € 18.28, un prezzo lievemente superiore a quelli tradizionali.

Vaccini adiuvati

Da alcuni anni a questa parte è disponibile in Italia il cosiddetto v. adiuvato (Adiugrip®, Fluad®, Influpozzi adiuvato®, …): negli studi clinici questi vaccini hanno mostrato un potere immunogeno superiore a quello dei vaccini tradizionali, in particolare nelle categorie di persone nelle quali i vaccini antinfluenzali tradizionali risultano scarsamente immunogeni.

Il farmaco, all’atto pratico, è sintetizzato in combinazione ad una sostanza adiuvante (MF59, un’emulsione in acqua di olio a base di squalene) che agisce stimolando maggiormente la risposta umorale e cellulare del sistema immunitario.

L’immunogenicità è risultata superiore in quasi tutti i gruppi studiati, sia in termini di una risposta anticorpale più elevata e protratta nel tempo, sia in termini di percentuale di responder alla vaccinazione. I vantaggi sono risultati più consistenti nei soggetti con bassa risposta ai vaccini tradizionali (anziani, trapiantati, …).

La tollerabilità è buona, anche se è segnalata una discreta incidenza di reazioni locali, peraltro modeste e transitorie, in numero leggermente superiore alla formulazione tradizionale.

L’attuale scheda tecnica riporta come indicazione la sola “immunizzazione attiva contro l’influenza negli anziani (> 65 anni d’età).

La funzione degli adiuvanti è quindi quella di potenziare la risposta immunitaria alla vaccinazione, quindi questa formulazione viene in genere riservata ad anziani e soggetti con scarsa risposta immunitaria.

Quante volte è necessario vaccinarsi?

I bambini al di sotto dei 9 anni potrebbero aver bisogno di due somministrazioni a distanza di almeno un mese l’una dall’altra, mentre ne è sufficiente una sola se già vaccinati gli anni passati; è comunque necessario rivolgersi al proprio pediatra.

I bambini più grandi e adulti hanno bisogno di un’unica somministrazione ogni anno.

Chi deve farsi vaccinare?

Si consiglia la vaccinazione per tutte le persone che non presentino specifiche controindicazioni e desiderino evitare di contrarre l’infezione.

In Italia la vaccinazione è fortemente consigliata, e gratuita, per i seguenti gruppi di popolazione a rischio (verificare con la propria ASL):

  1. Soggetti di età pari o superiore a 65 anni;
  2. Bambini di età superiore ai 6 mesi, ragazzi e adulti fino a 65 anni affetti da:
    • malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio,
    • malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese le cardiopatie congenite e acquisite,
    • diabete mellito e altre malattie metaboliche (obesità compresa),
    • insufficienza renale/surrenale cronica,
    • malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie,
    • tumori,
    • malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi, immunosoppressione indotta da farmaci o da HIV,
    • malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinali,
    • patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici,
    • patologie associate ad un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (ad es. malattie neuromuscolari),
    • epatopatie croniche;
  3. Bambini e adolescenti in trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico, a rischio di Sindrome di Reye in caso di infezione influenzale;
  4. Donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza;
  5. Individui di qualunque età ricoverati presso strutture per lungodegenti;
  6. Medici e personale sanitario di assistenza;
  7. Familiari e contatti di soggetti ad alto rischio;
  8. Per quanto riguarda i soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo e categorie di lavoratori la vaccinazione sarà offerta gratuitamente alle forze di polizia e ai vigili del fuoco, considerato il ruolo essenziale svolto nell’ambito della sicurezza ed emergenza. Per le altre categorie socialmente utili è facoltà delle Regioni/PP.AA. definire i principi e le modalità dell’offerta. È pratica internazionalmente diffusa l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione antinfluenzale da parte dei datori di lavoro ai lavoratori particolarmente esposti per attività svolta e al fine di contenere ricadute negative sulla produttività.
  9. Personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani. Per tale ragione, la vaccinazione antinfluenzale è raccomandata a:
    • allevatori
    • addetti all’attività di allevamento
    • addetti al trasporto di animali vivi
    • macellatori e vaccinatori
    • veterinari pubblici e libero-professionisti.

Nel mese di settembre 2017 l’associazione dei pediatri americani, in linea con le indicazioni italiani, ha confermato il consiglio di vaccinare tutti i bambini con più di sei mesi.

Chi non deve farsi vaccinare?

È controindicata la vaccinazione per:

  • Lattanti al di sotto dei sei mesi (non esistono sufficienti studi in questa fascia di età).
  • Soggetti che abbiano manifestato una reazione allergica grave (anafilassi) ad una precedente vaccinazione antinfluenzale.
  • Una malattia acuta di media o grave entità, con o senza febbre.
  • Casi di sindrome di Guillain-Barrè insorta entro 6 settimane dalla somministrazione di una precedente dose di vaccino antinfluenzale.
  • Donne nei primi 3 mesi di gravidanza.

Non è un problema vaccinare le persone sane a epidemia già iniziata.

Non rappresentano una controindicazione i seguenti casi:

  • Allergia alle proteine dell’uovo, con manifestazioni non anafilattiche.
  • Malattie acute di lieve entità.
  • Allattamento.
  • Infezione da HIV e altre immunodeficienze congenite o acquisite.

Quando sottoporsi alla vaccinazione?

La vaccinazione antinfluenzale dovrà iniziare poco dopo la disponibilità del vaccino, se possibile in ottobre. Comunque, finché i virus dell’influenza sono in circolazione, la vaccinazione dovrà continuare a essere offerta per tutta la stagione influenzale, anche in gennaio od oltre. Anche se focolai influenzali possono verificarsi anche in novembre-dicembre, per lo più la stagione dell’influenza ha il suo picco in gennaio o dopo. Poiché dopo la vaccinazione sono necessarie circa due settimane per lo sviluppo degli anticorpi di protezione dall’infezione del virus influenzale, è meglio che le persone siano vaccinate in modo da proteggerle dall’influenza prima che ne inizi la diffusione nelle loro comunità.

Il vaccino antinfluenzale è prodotto da aziende private; la disponibilità dipende dal loro ciclo produttivo. Le consegne iniziano ad ottobre e continuano per tutta la stagione.

Se sottoposto a vaccinazione antinfluenzale l’anno scorso, un individuo è protetto dall’influenza anche quest’anno?

Non necessariamente. Vari studi condotti in diverse stagioni influenzali, con virus e tipi di vaccini differenti, hanno mostrato che gli anticorpi protettivi dall’influenza si riducono nell’arco di un anno dalla vaccinazione e dall’infezione, soprattutto negli anziani. Così può non bastare contrarre l’influenza o farsi vaccinare per una stagione a proteggere adeguatamente nel tempo.

La riduzione degli anticorpi contro l’influenza che avviene dopo la vaccinazione o la malattia può dipendere da vari fattori, tra cui l’età, l’antigene usato nel vaccino e lo stato di salute del soggetto (ad esempio, patologie croniche che indeboliscono il sistema immunitario possono avere un impatto).

Questa riduzione degli anticorpi lascia potenzialmente alcuni soggetti più vulnerabili all’infezione e alla malattia con possibili complicanze gravi causate dagli stessi virus influenzali l’anno successivo allo sviluppo dell’immunità.

Si raccomanda quindi la vaccinazione annuale per la protezione ottimale dall’influenza, a prescindere da precedenti vaccinazioni e/o malattie influenzali.

È in fase di sperimentazione una nuova formulazione (studiata da ricercatori dello Jenner Institute, dell’Università di Oxford e dall’azienda Vaccitech, fondata da ricercatori dell’Università stessa) che potrebbe rivoluzionare questo aspetto; l’obiettivo è infatti quello di arrivare a offrire un vaccino universale, che non richieda più la variazione annuale dei ceppi con la conseguente necessità rivaccinazione (anche se la durata della protezione sembrerebbe comunque limitata a 2-4 anni).

Quanto dura la protezione della vaccinazione antinfluenzale?

Più studi condotti in varie stagioni e tra tipi di vaccini e sottotipi di virus hanno mostrato che l’immunità al virus influenzale (acquisita a seguito dell’infezione naturale o della vaccinazione) diminuisce nel tempo. La riduzione degli anticorpi dipende da vari fattori, inclusi

  • l’antigene usato nel vaccino,
  • l’età del soggetto vaccinato
  • e il suo stato di salute generale (ad esempio, alcune condizioni croniche possono ripercuotersi sull’immunità).

Se vengono vaccinati molti individui sani con sistemi immunitari normali, il loro organismo produce anticorpi che li proteggono per tutta la stagione influenzale, anche se i livelli di anticorpi diminuiscono nel tempo. I soggetti più anziani o con sistemi immunitari fragili possono produrre quantità inferiori di anticorpi in risposta al vaccino; inoltre, i livelli anticorpali possono ridursi più rapidamente rispetto a quanto avviene negli individui giovani e sani.

In tutti, la vaccinazione annuale fornisce la miglior protezione contro l’infezione per tutta la durata della stagione influenzale. È importante farsi vaccinare ogni anno, anche se il virus non è cambiato rispetto alla stagione precedente.

È inoltre importante vaccinarsi ogni anno perchè poiché i virus influenzali cambiano costantemente, la composizione dei v. viene rivista ogni anno e talvolta aggiornata per riflettere le modifiche dei virus influenzali.

Mutazione del virus

I virus dell’influenza cambiano continuamente. Possono cambiare in due modi diversi.

Un modo è detto “deriva antigenica”. Si tratta di piccoli cambiamenti dei geni dei virus che si verificano di continuo con la sua replicazione. Questi piccoli cambiamenti in genere originano virus molto simili l’uno all’altro, come è possibile vedere dalla loro posizione vicina in un albero filogenetico. Virus strettamente correlati in genere condividono le proprietà antigeniche; un sistema immunitario esposto a virus simili sarà quindi in grado di riconoscerli e reagire. Questa proprietà è chiamata talvolta protezione incrociata.

Questi piccoli cambiamenti genetici, però, si possono accumulare nel tempo e determinare virus con caratteristiche antigeniche diverse (più lontani nell’albero filogenetico). Quando questo si verifica, il sistema immunitario può non riconoscere questi virus.

Il processo funziona così: un soggetto infettato con un particolare virus influenzale sviluppa anticorpi contro quel virus. Con l’accumularsi di cambiamenti antigenici, gli anticorpi creati contro i virus più vecchi non identificano più i virus più nuovi; il soggetto si può quindi riammalare. I cambiamenti genetici che risultano in un virus con proprietà antigeniche diverse sono la causa principale delle recidive di influenza. Sono anche il motivo per cui la composizione del vaccino deve essere rivista ogni anno e aggiornata al bisogno per far fronte all’evoluzione del virus.

L’altro modo di cambiare è noto come “spostamento antigenico”. Si tratta di un cambiamento brusco e maggiore dei virus dell’influenza A, che determina una nuova emoagglutinina e/o nuove emoagglutinina e proteine neuroamidasi dei virus influenzali che infettano gli esseri umani. Lo spostamento genera un nuovo sottotipo A o un virus con un’emoagglutinina o una combinazione di emoagglutinina e neuroamidasi, comparse da una specie animale, così differenti dallo stesso sottotipo negli umani che la maggior parte della gente non ha difese immunitarie contro il nuovo virus. Un simile spostamento si è verificato nella primavera 2009, quando è comparso un virus H1N1 con una nuova combinazione di geni, che ha infettato persone e si è rapidamente diffuso, causando una pandemia. Quando si verifica lo spostamento, la maggior parte dei soggetti è priva di protezione rispetto al nuovo virus, o è protetta in modo marginale,

Mentre i virus dell’influenza cambiano continuamente per deriva antigenica, lo spostamento antigenico succede solo occasionalmente. I virus di tipo A subiscono ambedue i cambiamenti; quelli di tipo B cambiano solo secondo le modalità più graduali della deriva.

È efficace subito?

No.

Dalla vaccinazione, il corpo richiede circa due settimane per sviluppare gli anticorpi e proteggere dall’infezione del virus influenzale. Ecco perché è meglio vaccinarsi presto in autunno, prima che la stagione influenzale sia realmente iniziata.

Una volta vaccinati è possibile ammalarsi comunque di influenza?

Sì. È possibile ammalarsi di influenza anche se vaccinati, tenuto conto che la diagnosi non è certa a meno di fare un esame specifico. È possibile per questi due motivi:

Ci si potrebbe essere esposti al virus poco prima di essere stati vaccinati o nel periodo dopo il vaccino in cui l’organismo sta sviluppando la protezione. Ci si potrebbe quindi ammalare prima che il vaccino sia diventato efficace. Ci vogliono circa due settimane dal vaccino perché si sviluppino gli anticorpi che proteggono dall’infezione.

Si potrebbe venire in contatto con un virus dell’influenza non incluso nel vaccino stagionale. Ogni anno, circolano diversi virus influenzali. Il vaccino è studiato per proteggere contro i tre o quattro ceppi ritenuti i più comuni dalla ricerca.

Sfortunatamente, alcuni soggetti possono comunque infettarsi, nonostante la vaccinazione, con uno dei virus cui il vaccino dovrebbe dare protezione. La protezione fornita dal vaccino può variare notevolmente, in funzione dello stato di salute e dell’età dell’individuo che viene vaccinato. In generale, il vaccino antinfluenzale funziona meglio negli adulti sani più giovani e nei bambini più grandi. Soggetti più anziani e persone con alcune malattie croniche possono sviluppare in risposta al vaccino un minor livello di immunità. La vaccinazione non è uno strumento perfetto, ma è il modo migliore per proteggersi dall’influenza.

Efficacia

La capacità del vaccino antinfluenzale di prevenire l’influenza può cambiare notevolmente da una stagione all’altra. L’efficacia del vaccino può anche variare dipendentemente da chi viene vaccinato. Ci sono almeno due fattori chiave nel determinare le probabilità che il vaccino antinfluenzale protegga un individuo dall’influenza:

  1. le caratteristiche (ad esempio, età e stato di salute) del soggetto che viene vaccinato;
  2. la similarità o “correlazione” tra i virus influenzali per i quali è studiato il vaccino e i virus dell’influenza che circolano nella comunità.

Negli anni in cui il vaccino non è ben correlato ai virus in circolazione, è possibile che la vaccinazione antinfluenzale non dia benefici reali. Negli anni in cui il vaccino è ben correlato con i virus circolanti, la vaccinazione antinfluenzale darà benefici sostanziali in termini di prevenzione della malattia influenzale. Comunque, anche negli anni in cui il vaccino è molto buono, i benefici della vaccinazione varieranno all’interno di una comunità, dipendendo dalle caratteristiche della persona vaccinata e anche, potenzialmente, dal tipo di vaccino usato.

Ad ogni stagione, la comunità scientifica cerca di determinare l’efficacia del vaccino per valutare e confermare con regolarità il valore della vaccinazione antinfluenzale come intervento di salute pubblica. I risultati degli studi sull’efficacia del vaccino possono variare in base alla loro impostazione, ai parametri misurati, alle popolazioni esaminate e alla stagione in cui il vaccino antinfluenzale è stato studiato. Queste differenze possono rendere difficile il confronto tra risultati di studi diversi.

Mentre è complesso stabilire l’efficacia del vaccino antinfluenzale, in generale gli studi recenti corroborano le conclusioni che la vaccinazione antinfluenzale sia un beneficio in termini di salute pubblica, specialmente quando il vaccino antinfluenzale è ben correlato con i virus effettivamente circolanti.

Benefici

Benché l’efficacia della vaccinazione antinfluenzale possa variare, ci sono comunque parecchi motivi per farsi vaccinare ogni anno.

  1. Più di ogni altra considerazione si può prevenire la malattia e la protezione di un individuo si estende a soggetti vicini più vulnerabili a gravi forme influenzali.
    La vaccinazione antinfluenzale può aiutare a proteggere individui a maggior rischio di contrarre l’influenza in forma grave, come gli anziani, soggetti con malattie croniche e bambini piccoli (specie se lattanti con meno di 6 mesi, non ancora vaccinabili).
  2. Può anche attenuare l’influenza se comunque contratta.
  3. Può ridurre il rischio di conseguenze gravi dell’influenza, come il ricovero ospedaliero.
    • Uno studio recente* ha mostrato che, nelle stagioni influenzali dal 2010 al 2012, la vaccinazione antinfluenzale ha ridotto il rischio di ricovero di bambini in unità di terapia intensiva pediatrica del 74%.
    • Uno studio ha rilevato che, nelle stagione influenzali 2011-2012, la vaccinazione antinfluenzale era associata a una riduzione del 71% dei ricoveri ospedalieri legati all’influenza degli adulti a prescindere dall’età e del 77% negli adulti con almeno 50 anni.
    • La vaccinazione antinfluenzale è un importante strumento di prevenzione nei soggetti con malattie croniche. La vaccinazione è risultata associata a una minor frequenza di alcuni eventi cardiaci in soggetti cardiopatici, specialmente negli individui reduci da un evento cardiaco nell’ultimo anno. La vaccinazione antinfluenzale ha anche mostrato un’associazione con una riduzione dei ricoveri ospedalieri nei soggetti con diabete (79%) e malattie polmonari croniche (52%).
    • Aiuta a proteggere le donne in gravidanza e i loro neonati fino a 6 mesi dalla nascita. Uno studio ha mostrato che la somministrazione a donne incinta aveva un’efficacia del 92% nel prevenire il ricovero ospedaliero per influenza di bambini piccoli.
    • Altri studi hanno mostrato che la vaccinazione può ridurre i rischi di ricovero ospedaliero conseguente all’influenza negli anziani. Uno studio che guardava all’efficacia del vaccino nell’arco di tre stagioni ha stimato che la vaccinazione antinfluenzale ha ridotto il rischio di ricovero ospedaliero del 61% in soggetti di almeno 50 anni.

*I riferimenti degli studi elencati sopra sono disponibili in http://www.cdc.gov/flu/about/qa/benefit-publications.htm

La formulazione di questa stagione sarà ben correlata ai virus circolanti?

Non è possibile prevedere con certezza quali saranno i virus influenzali principali di una determinata stagione e purtroppo le indicazioni offerte dall’OMS per quanto rappresentino lo stato dell’arte delle nostre conoscenze in termini di previsione, non sono infallibili.

I virus influenzali cambiano continuamente (fenomeno che prende il nome di “deriva antigenica”); possono cambiare da una stagione all’altra o addirittura nel corso della stessa stagione. Gli esperti devono scegliere che virus includere parecchi mesi prima per poter produrre e fornire il vaccino in tempo (per ulteriori informazioni sul processo di selezione dei virus visitare http://www.cdc.gov/flu/professionals/vaccination/virusqa.htm).

A causa di tali fattori, la possibilità di una correlazione non ottimale tra virus circolanti e virus scelti sussiste sempre.

Il vaccino può fornire una protezione anche quando la correlazione non è “buona”?

Sì, gli anticorpi sviluppati in risposta alla vaccinazione con un virus influenzale possono talvolta proteggere da virus diversi, ma in qualche modo in relazione. Una correlazione non ottimale può causare un’efficacia ridotta del vaccino rispetto ad altri virus, ma può comunque assicurare una qualche protezione contro la malattia influenzale.

È anche importante ricordare che il vaccino antinfluenzale contiene tre o quattro virus (secondo il tipo di vaccino); anche nei casi in cui la correlazione è sub-ottimale o meno efficace rispetto a un virus, il vaccino comunque protegge da alcuni ceppi circolanti.

Per tali motivi, anche durante le stagioni con una correlazione non ottimale, il Ministero della Salute continua a raccomandare la vaccinazione antinfluenzale in tutti i soggetti a partire dai 6 mesi di età. La vaccinazione è particolarmente importante per individui ad alto rischio di gravi complicanze influenzali e i soggetti in loro stretto contatto.

Il v. è efficace contro tutte le varietà di virus dell’influenza e del raffreddore?

I vaccini per l’influenza stagionale sono studiati per proteggere contro l’infezione e la malattia causata dai virus influenzali che la comunità scientifica indica come i più probabili responsabili della stagione influenzale. I vaccini “trivalenti” sono concepiti per proteggere da tre virus influenzali, quelli “quadrivalenti” da quattro virus influenzali.

I vaccini antinfluenzali NON proteggono invece da infezioni e malattie causate da altri virus che possono dare sintomi simili all’influenza.

Ci sono molti altri virus oltre a quelli influenzali che possono provocare sindromi simili all’influenza (sindromi para-influenzali) che circolano durante la stagione influenzale. Questi virus includono

  • rinovirus (una causa di “raffreddore comune”),
  • virus respiratori sinciziali (RSV, Respiratory Syncityal Virus), la causa più frequente di sindrome respiratoria grave nella prima infanzia, nonché un’importante causa di morte da patologia respiratoria nei soggetti con 65 anni e più,
  • ma anche i virus responsabili della cosiddetta influenza intestinale.

Il vaccino antinfluenzale è ugualmente efficace per tutti?

No. Il vaccino antinfluenzale è il modo migliore per prevenire la malattia, ma la protezione offerta può variare notevolmente a seconda di chi viene vaccinato (oltre a quanto il vaccino è correlato con i virus circolanti).

In generale, il vaccino antinfluenzale funziona meglio negli adulti sani e nei bambini più grandi. Alcuni soggetti più anziani e soggetti con alcune malattie croniche potrebbero sviluppare in risposta al vaccino un minor livello di immunità dei bambini e degli adulti sani. Comunque, anche in questi soggetti, il vaccino antinfluenzale fornisce lo stesso una qualche copertura.

Quanto è efficace il vaccino antinfluenzale negli anziani?

Soggetti più anziani con sistemi immunitari più deboli spesso sviluppano dopo la vaccinazione una risposta immunitaria di protezione minore di individui più giovani e sani.

Questo può determinare una minor efficacia del vaccino in questi soggetti.

Se il vaccino funziona meno bene nei soggetti più anziani, è giusto vaccinarli comunque?

Nonostante i vaccini antinfluenzali possano funzionare meno bene nei soggetti con 65 anni e più, ci sono molte ragioni per vaccinare questi individui ogni anno.

  1. I soggetti con 65 anni e più sono ad alto rischio di ammalarsi gravemente, doversi ricoverare e morire a causa dell’influenza.
  2. Anche se l’efficacia del vaccino antinfluenzale può essere inferiore tra i soggetti più anziani, ci sono stagioni in cui si osservano benefici significativi in termini di prevenzione di sintomi tali da richiedere una visita medica. Anche se il vaccino fornisce meno protezione negli anziani che nei giovani, una qualche protezione è preferibile a nessuna protezione, specialmente in questo gruppo ad alto rischio.
  3. Gli studi attuali dei CDC (centri per la prevenzione e il controllo delle malattie) guardano l’efficacia del vaccino nel prevenire sindromi influenzali che risultino in una visita medica o in un ricovero ospedaliero. Questo è un solo esito. Ci sono altri studi che valutano gli effetti della vaccinazione antinfluenzale sulla frequenza dei ricoveri ospedalieri o sulla mortalità. Per esempio, uno studio ha evidenziato come conclusione che veniva evitata una morte ogni 4.000 individui vaccinati contro l’influenza (Fireman e altri autori, 2009). Per soggetti anziani fragili, l’ospedalizzazione può segnare l’inizio di un declino importante della salute complessiva e della mobilità, causando potenzialmente l’incapacità a mantenere la propria autonomia o a svolgere attività elementari della vita quotidiana. Anche se l’immunità ottenibile con il vaccino antinfluenzale negli anziani può variare considerevolmente, la vaccinazione annuale è comunque la miglior protezione dall’influenza attualmente disponibile. Esiste qualche dato a suffragio del fatto che la vaccinazione antinfluenzale possa ridurre la gravità della sindrome influenzale, cosicché se anche un soggetto vaccinato può contrarre l’infezione, la malattia sarebbe più leggera.
  4. È importante ricordare che soggetti con 65 anni e più costituiscono un gruppo eterogeneo e spesso sono diversi tra loro in termini di salute complessiva, livello di attività e mobilità, nonché atteggiamento rispetto alle cure mediche. Questo gruppo include soggetti sani e attivi, con sistemi immunitari reattivi, ma anche individui con patologie croniche che ne possono indebolire il sistema immunitario e, di conseguenza, la capacità di risposta alla vaccinazione. Quindi, nel valutare i benefici della vaccinazione antinfluenzale è importante una valutazione più ampia di quanto possano suggerire i risultati di un singolo studio. Benché il vaccino non sia perfetto, i dati complessivi evidenziano i benefici in termini di salute pubblica della vaccinazione antinfluenzale. La vaccinazione è particolarmente importante negli individui con 65 anni e più, che sono maggiormente a rischio di malattia grave e morte, nonostante il vaccino possa non essere pienamente efficace in questo gruppo di età.

Quanto è efficace il vaccino antinfluenzale nei bambini?

In generale, il vaccino antinfluenzale funziona meglio negli adulti sani e nei bambini oltre 2 anni.

Gli studi riportano spesso benefici ridotti in bambini piccoli (ossia, con meno di 2 anni) e negli anziani (65 anni e più), ma per i motivi esposti precedentemente (fondati sulla letteratura scientifica disponibile) la vaccinazione è comunque fortemente raccomandata.

Si può contrarre l’influenza a seguito dell’iniezione antinfluenzale?

No, il v. antinfluenzale non può causare l’influenza.

Effetti collaterali

Anche se un vaccino antinfluenzale non può provocare l’influenza, ci sono diversi effetti collaterali che possono essere associati alla vaccinazione. Questi effetti indesiderati sono in genere modesti e di breve durata, specie se confrontati con i sintomi di un brutto caso di influenza, ed includono:

  • dolore, rossore, eritema o gonfiore del punto di inoculazione,
  • malessere generale per qualche giorno, talvolta associato a febbre (bassa) e dolori muscolari.

I sintomi sistemici (che coinvolgono cioè l’interno organismo) possono comparire da 6 a 12 ore dopo la somministrazione e sono destinati a risolversi in 1-2 giorni.

Quando compaiono, questi problemi iniziano poco dopo la vaccinazione e sono modesti e di breve durata, ed in ogni caso le persone che li manifestano sono solo una minoranza, perchè la maggior parte non hanno alcun effetto collaterale.

In rare circostanze la vaccinazione antinfluenzale può causare problemi più severi, ad esempio gravi reazioni allergiche.

Nella stagione 2014/15 sono stati segnalati numerosi effetti collaterali gravi o fatali associati alla somministrazione del v. adiuvato Fluad®. L’analisi delle segnalazioni condotta dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e la valutazione del rischio effettuata dal Comitato di farmacovigilanza (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee PRAC) dell’EMA, hanno escluso la responsabilità del vaccino antinfluenzale sui decessi segnalati. Inoltre i risultati dei test condotti in ISS hanno confermato la sicurezza di Fluad®.

Come si valutano i benefici della vaccinazione?

Gli esperti di salute pubblica misurano l’efficacia dei vaccini antinfluenzali tramite diversi tipi di studi. Negli “studi randomizzati”, gli individui vengono assegnati in modo casuale (random) al trattamento con il vaccino o con un placebo (soluzione salina); vengono poi seguiti per vedere quanti in ciascun gruppo si ammalano di influenza. Questi studi sono quelli metodologicamente più corretti per stabilire quanto funziona il vaccino. Gli effetti della vaccinazione misurati in questi studi sono detti “efficacy” (efficacia).

Gli “studi osservazionali” sono studi in cui i soggetti che hanno scelto di farsi vaccinare sono confrontati con quelli che l’hanno rifiutata. Ciò significa che la somministrazione del vaccino ai soggetti dello studio non è randomizzata. La misurazione degli effetti di un vaccino negli studi osservazionali è detta “effectiveness” (efficacia sul campo). Gli studi randomizzati sono costosi e non vengono condotti una volta una vaccinazione diventa raccomandata, poiché la mancata somministrazione del vaccino a individui per i quali è indicato esporrebbe tali soggetti al rischio di infezione, malattia e complicanze anche gravi. Per questo motivo, la maggioranza degli studi di valutazione dei benefici della vaccinazione antinfluenzale condotti negli USA negli anziani è di tipo osservazionale.

Come vengono presentati dal CDC i dati di efficacia sul campo del vaccino antinfluenzale?

Negli USA, il CDC in genere presenta l’efficacia sul campo del vaccino (VE, Vaccine Effectiveness) come stima puntuale singola: ad esempio, 60%. Questa stima puntuale rappresenta la riduzione del rischio fornita dal vaccino antinfluenzale. Gli studi di efficacia sul campo del vaccino condotti da un CDC di solito misurano sindromi influenzali con conferma di laboratorio che richiedono una visita medica o il ricorso ad un pronto soccorso. Per questo esito, una stima puntuale della VE pari al 60% significa che il vaccino antinfluenzale riduce del 60% il rischio che un soggetto ha di sviluppare una malattia influenzale tale da richiedere una visita medica o il ricorso al pronto soccorso.

In aggiunta alla stima puntuale della VE, il CDC fornisce anche un “intervallo di confidenza” (IC) per tale stima, per esempio 60% (IC del 95%: 50%-70%). L’intervallo di confidenza identifica per la stima della VE un limite inferiore (nell’esempio, 50%) e uno superiore (70%). Un modo per interpretare un intervallo di confidenza del 95% è che se il CDC dovesse ripetere questo studio 100 volte, per 95 volte la stima puntuale della VE sarebbe all’interno dell’intervallo di confidenza (ossia, compresa tra 50% e 70%). Sussiste la possibilità che 5 volte su 100 (una possibilità del 5%) la stima puntuale della VE fatta dal CDC possa cadere al di fuori dell’intervallo di confidenza 50%-70%.

Perché gli intervalli di confidenza sono importanti per capire l’efficacia sul campo del vaccino antinfluenzale?

Gli intervalli di confidenza sono importanti perché forniscono il contesto per la comprensione della precisione o esattezza di una stima puntuale della VE. Maggiore l’intervallo di confidenza, meno precisa sarà la stima puntuale dell’efficacia sul campo del vaccino.

Ad esempio, si consideri una stima puntuale della VE pari al 60%. Se l’intervallo di confidenza di questa stima puntuale è 50%-70%, c’è una maggior sicurezza che l’effetto protettivo reale del vaccino antinfluenzale sia vicino al 60% rispetto ad un intervallo di confidenza 10-90%. Inoltre, se un intervallo di confidenza incrocia lo zero (ad esempio, da -20% a 60%), la stima puntuale della VE fornita non sarà statisticamente significativa. Bisognerà essere prudenti nell’interpretare stime della VE non statisticamente significative perché risultati del genere non possono escludere la possibilità di una VE uguale a zero (ossia, un vaccino privo di effetti protettivi).

L’ampiezza dell’intervallo di confidenza è in parte funzione del numero di partecipanti allo studio; così, tipicamente gli studi che danno stime della VE più precise (quindi, hanno un intervallo di confidenza più stretto) hanno un maggior numero di partecipanti.

Perché ci sono risultati così diversi tra studi sull’efficacia sul campo del vaccino?

I risultati degli studi sull’efficacia del vaccino possono variare in base alla loro impostazione, ai parametri misurati, alle popolazioni esaminate e alla stagione in cui il vaccino antinfluenzale è stato studiato. Queste differenza possono rendere difficile il confronto tra studi.Poiché con l’influenza si vuole conoscere l’efficacia del vaccino antinfluenzale nel prevenire la malattia, il ricovero ospedaliero e perfino la morte, devono essere considerati più risultati.